Guariento Mario | Domenica decima. Marco 3,20-35
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Domenica decima. Marco 3,20-35

10 Giu Domenica decima. Marco 3,20-35

Gesù formalizza la sua rottura con l’istituzione giudaica consumando uno scisma, cioè, convocando Israele al di fuori dell’istituzione ufficiale, in una casa. Così facendo, rompe con l’istituzione, ma non abbandona il popolo; invita gli israeliti che desiderano il regno di Dio a unirsi a lui abbandonando le istituzioni di oppressione. Viene etichettato ed insignito dal potere religioso del titolo di capo dei demoni. Gesù mosso dall’amore per la sua gente, apre i cuori, amplia gli sguardi oltre l’orizzonte di spazi reclusi e conclusi. Egli vuole tutti unire nella tenerezza del Padre. E mentre attacchi aspri e pregiudizi malevoli tentano di diffondere segnali di morte, Egli continua a ribadire per sé e per i suoi amici e familiari di elezione, coerenza e fedeltà ai pensieri del Padre e alla sua volontà di salvezza universale. Questi i nuovi suoi intimi: madre, fratelli, sorelle, amici e compagni di vita sono seduti intorno, per esprimere condivisione, disponibilità, decisi a far riferimento all’unico Padre, che non vuole alcuno perduto, che insieme con l’uomo vuole gestire la storia umana e divina. Così sogna la sua chiesa: in dialogo con tutti, sofferente con chi è alla ricerca di vita e valori. Sono i suoi pensieri e parole da pazzo, sono gli aneliti di un Dio che ha passione per l’uomo. E tutti affida allo Spirito: ogni fuga da lui porta a tristezza e a perdita di speranza, a smarrimenti e ad insensate solitudini.


Quando l’essere umano vive senza interiorità, perde il rispetto per la vita, per le persone e le cose. Ma soprattutto si rende incapace di ascoltare il mistero racchiuso nel più profondo dell’esistenza. L’uomo di oggi è nemico della profondità. Non è disposto a curare la propria vita interiore. Il grande teologo Paul Tillich diceva che solo lo Spirito ci può aiutare a riscoprire «la via del profondo». Lo Spirito può darci l’audacia necessaria per iniziare un lavoro interiore in noi, può far nascere una gioia diversa nel nostro cuore, può vivificare la nostra vita invecchiata, può accendere in noi l’amore anche verso coloro per cui oggi non avvertiamo il minimo interesse. Lo Spirito è «una forza che agisce in noi e che non è nostra». È lo stesso Dio che ispira e trasforma le nostre vite. Nessuno può dire di non essere abitato da questo Spirito. L’importante è non spegnerlo: bisogna ravvivarne il fuoco, fare che arda purificando e rinnovando la nostra vita. Forse dobbiamo cominciare invocando Dio col salmista: «Non privarmi del tuo Spirito». Prigionieri dell’immediato di ogni giorno, facilmente viviamo troppo agitati, troppo storditi dall’esterno e troppo soli dentro per potersi fermare a meditare sulla nostra vita e tentare l’avventura di essere più umani. La brama di consumo, i modelli di vita e le mode dominanti impongono la loro dittatura sulle coscienze, mascherando la propria tirannia con promesse di benessere e ci spingono a vivere secondo la sapienza del mondo. Per reagire a questa situazione, abbiamo bisogno di addentrarci nel proprio mistero, ascoltare la sua vocazione più profonda, intuire la menzogna di questo stile di vita e scoprire altre vie per esser più umani. Abbiamo bisogno di quella fonte di luce e di vita che l’uomo moderno ha perso.
Un celebre psichiatra giunse a considerare la nevrosi come «la sofferenza dell’anima che non ha trovato il suo senso». Ci sono persone intuitive che non hanno bisogno di riflettere molto né di soffermarsi in analisi complesse per cogliere l’essenziale della fede; sanno che tutti camminiamo tra le tenebre e intuiscono che l’importante è confidare in Dio. Altri, al contrario, hanno bisogno di ragionare su tutto, discutere, provare la ragionevolezza dell’atto di fede. Solo allora si apriranno al suo mistero. Vi sono persone di indole contemplativa, con una grande capacità di «vita interiore». Per loro non è molto difficile fare silenzio, ascoltare Dio in fondo al proprio essere e aprirsi all’azione dello Spirito. Ma vi sono anche persone di temperamento più attivo. Per costoro, la fede è soprattutto impegno effettivo, amore concreto per il fratello, lotta per un mondo più umano. Tuttavia, tutti dobbiamo sapere che Gesù conferisce importanza decisiva a «fare la volontà di Dio». Così dice Gesù: «Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre». La ricerca fedele della volontà di Dio caratterizza sempre il vero seguace di Gesù. La volontà di Dio si trasforma in noi nella categoria del desiderio d’amore. Se il desiderio d’amore entra nel nostro cuore e ci fa suoi intimi allora conosciamo la volontà di Dio.